La famiglia è il luogo per eccellenza in cui ci si sente a casa con un senso di appartenenza, dove si è certi di trovare protezione e supporto in qualsiasi momento, ma soprattutto nei momenti di difficoltà che la vita riserva.
Murray Bowen, pioniere della terapia familiare, guarda la famiglia come il luogo in cui si sviluppa una massa indifferenziata dell’io dove una corrente di emozioni, in gran parte inconsce, scorre sotterranea alla famiglia connettendo i suoi membri. Un conglomerato di emozioni, che circolano tra i membri della famiglia regolando i ruoli, il comportamento e precise modalità di risposta emotiva. E’ nella famiglia che impariamo come essere e come comportarci ed è bene ricordare a tale proposito che il bambino, alla nascita, non entra in un spazio vuoto, ma pieno, fatto di modalità di funzionamento familiare che assorbe.
La famiglia è matrice d’identità, si appartiene alla propria famiglia e ci si identifica con un “noi”. Secondo un processo di maturazione emotiva, il singolo, col tempo dovuto, dovrebbe riuscire a differenziarsi da essa separandosi psicologicamente e costruendo la sua identità personale.
Purtroppo può accadere che il senso di appartenenza di questo “Noi famiglia” sia troppo intenso e si rimanga invischiati in quella massa indifferenziata in cui non c’è spazio per le caratteristiche individuali.
I figli si trovano a fare i conti con i legami di lealtà verso la propria famiglia d’origine (Boszormenyi-Nagy e Spark), a non tradire le regole interiorizzate della famiglia sviluppando un gioco tra debiti e lealtà, che impediscono loro di differenziarsi e costruire la propria identità personale. Il più classico esempio è quando i figli si sentono debitori verso i genitori perché questi li hanno accuditi e non si sentono in diritto di assumere una posizione personale, che potrebbe essere in contrasto con la loro, in quanto la vivrebbero con forti sensi di colpa e come un vero tradimento.
Il figlio rimane figlio con la difficoltà a riconoscere se stesso e la propria unicità e indipendenza soprattutto affettiva.
Un figlio dovrebbe riuscire a differenziarsi dal sistema familiare e individuarsi in un individuo autonomo, con una nuova rinegoziazione di ruoli, che permetta al figlio di diventare un adulto ponendosi di conseguenza sullo stesso piano dei genitori.
Può accadere che, quando il processo di differenziazione-individuazione non va a termine e non si ha uno svincolo ben riuscito, vi possa essere dal figlio una sorte di “fuga” , che illude che lo svincolo sia avvenuto con l’idea che si possa acquistare l’indipendenza semplicemente lasciando la casa dei genitori.
Un taglio emotivo dai propri familiari spesso brusco e improvviso negando il legame che vi è con loro e spesso fingendosi più autonomi di quanto lo si sia realmente come se maggiore distanza fisica dai propri genitori producesse maggiore autonomia.
Il successo dello svincolo è subordinato ad un processo di regolazione delle distanze dalla famiglia di origine, non tagliando i ponti con essa ma trovando un equilibrio tra appartenenza e separazione, che permetta di far sì che la propria famiglia d’origine sia parte integrante e risorsa della propria vita.
Una psicoterapia può essere d’aiuto per ripercorrere la propria storia familiare per divenire adulti autonomi, fare pace con un passato a volte ingombrante, raggiungere una sufficiente individuazione dalla propria famiglia d’origine e trovare una sana indipendenza affettiva.