La vita moderna è impostata sulla velocità, una società che corre, che monetizza il valore del tempo, ricca di stimoli e impegni dove non ci si può permettere di fermarsi per non rischiare di perdere qualcosa.
Una corsa continua come se si fosse intrappolati in una maratona dove le giornate si consumano senza avere più una meta solida, perché appena se ne raggiunge una questa viene sostituita da un’altra e bisogna subito ripartire senza fermarsi per riprendere fiato.
Ormai viviamo nella dimensione del fare, del produrre e del consumare tutto e subito senza voltarci a riguardare il passato e senza pensare al futuro come se l’unico tempo fosse il tempo presente.
Fagocitati in quest’ansia del fare, produrre, accumulare, consumare per rispondere a una società, che dà il merito all’efficienza, alla produttività, all’essere attivi e impegnati.
Nella nostra cultura l’aggettivo “lento” assume una connotazione negativa, una caratteristica da cui è preferibile tenersi a distanza e non identificarsi con questa parola.
Rallentare, riposare vengono visti come uno stato di inerzia improduttiva, che non possiamo permetterci per non essere anche costellati di sensi di colpa del non fare.
E così il fare diviene un modo personale di essere, che rispecchia parte delle propria identità e permette di avere un ruolo nel mondo.
Una velocità che non permette di riflettere togliendo il senso della durata e del tempo vissuto, che fa sì che oggi il vero atto rivoluzionario sia oziare, rallentare, perdere tempo. Una capacità saper perder tempo in merito a cui già l’illustre Jean-Jacques Rousseau affermava che “bisogna perdere tempo per guadagnarne” perché, per lui, è una virtù dell’educatore che gli permette, attraverso la pazienza, di sviluppare empatia, ascoltare se stesso e l’altro e ritornare ad avere armonia.
Fermarsi permetterebbe di ascoltarsi, sentire i propri bisogni, in poche parole stare un po’ con se stessi per ritornare a conoscersi.
A volte il fare diventa una necessità, un bisogno, che permette di tenere la mente impegnata e occupata, piena a tal punto da non aver più spazio per questioni personali permettendo a sua volta di tenersi a una distanza sicura rispetto a cose più scottanti e forse difficili da affrontare.
Troppo spesso ci si dimentica che identificandosi con l’idea del fare, ci si priva della possibilità di semplicemente essere. Esserci.
Un percorso psicoterapeutico può essere un aiuto per riuscire a rallentare e tornare in un rapporto più armonico e consapevole con il tempo e con la propria vita, riscoprire i propri pensieri, le proprie emozioni, ritrovare se stessi in un viaggio a ritroso per rivedere parti della propria vita, che forse andando troppo veloce si erano perse per strada.