ll termine, che si può tradurre in italiano come “bruciato”, “scoppiato”, è comparso negli anni 30 nel mondo dello sport, per indicare l’incapacità di un atleta, dopo alcuni successi, di ottenere ulteriori risultati e di mantenere quelli raggiunti.
Christina Maslach, psichiatra americana, lo riprese nel 1975 per definire una sindrome i cui sintomi evidenziano disturbi comportamentali a carico di tutte le professioni ad elevata implicazioni relazionali, che possono essere medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, educatori, insegnanti, forze dell’ordine.
Il contatto continuo con le persone e le loro esigenze, il sentirsi di dover essere a disposizione delle continue richieste e necessità, sono alcune delle caratteristiche comuni di tutte le professioni, che hanno come obiettivo il benessere delle persona e la risoluzione dei loro problemi.
La sindrome di burnout consiste in un esaurimento emotivo e in una riduzione delle capacità professionali, che si esprime in una costellazione di sintomi: apatia, eccessiva stanchezza, somatizzazione, insonnia, nervosismo, isolamento, cefalea, nausea e numerosi altri sintomi psicosomatici.
La persona ha la sensazione di essere emotivamente svuotata e annullata dal proprio lavoro, tende ad essere cinica con un atteggiamento freddo e distaccato nei confronti del lavoro e delle persone che incontra sul lavoro, diminuisce il proprio coinvolgimento emotivo nel lavoro per proteggere se stesso dall’esaurimento e dalla delusione.
Vi è la presenza di una ridotta gratificazione e realizzazione personale, la sensazione di non venir riconosciuti nello sforzo, nell’impegno e nei risultati, con conseguente riduzione dell’autostima e vissuti di inadeguatezza.
Tra le cause del burnout importante è distinguere i fattori personali e i fattori socio-organizzativi: i fattori personali sono le caratteristiche della personalità, le aspettative professionali e le relazioni interpersonali; i fattori socio-organizzativi sono le caratteristiche dell’ambiente di lavoro, l’organizzazione stessa del lavoro e l’equipe.
Un percorso psicologico individuale può essere utile per avere una maggiore consapevolezza del problema, comprendere le relazioni esistenti tra il proprio comportamento, il proprio vissuto e il contesto di vita e lavorativo, al fine di favorire il benessere psicologico e riuscire a bilanciare frustrazione e gratificazione.