Le coalizioni, il capro espiatorio, le inversioni di ruoli sono le triangolazioni familiari studiate a lungo da Bowen, che l’hanno portato alla conclusione che solo se una persona riesce a individualizzarsi e a distaccarsi dalla propria famiglia d’origine, vi può partecipare mantenendo la propria individualità e utilizzare una posizione obiettiva, che le permette di mantenere un contatto emotivo con entrambi i genitori, senza essere presa nel loro conflitto.
Famiglie al cui interno vi sono situazioni in cui il bambino, in un modo spesso velato ma continuativo, viene utilizzato come regolatore del conflitto coniugale e viene preso in una disputa parentale, incoraggiato a prendere le parti o a colludere con uno dei genitori contro l’altro, finendo in posizione generazionale invertita, vale a dire di “parentificazione”. (Boszormenyi-Nagy, Spark)
Altre situazioni, in cui il bambino viene spinto ad assumere la posizione di capro espiatorio o di persona malata o vulneabile, con lo scopo o il vantaggio di deviare il conflitto coniugale.
La forma peggiore di triangolazione si osserva con la collusione dei genitori tra loro nel produrre regole paradossali e “proibendo” la metacomunicazione, in quanto un messaggio, oltre l’aspetto di contenuto, ha anche un aspetto di relazione, che è in grado di svuotare i contenuti o di capovolgerli, diventando questo la cornice di riferimento al cui interno vi è la relazione; ai messaggi viene dato un significato di relazione per lo più attraverso mezzi non verbali, quali l’atteggiamento, le espressioni del volto, il gesto, il tono e la modulazione della voce.
Una relazione a doppio legame nella versione tripartita, che diviene una vera e propria trappola emotiva che può creare situazioni difficili e a volte patologiche.
Il contesto familiare è appunto il luogo per eccellenza in cui inzia lo sviluppo della personalità e del Sé e tali dinamiche portano a un inevitabile disagio, che può diventare transgenerazionale (trasmettibile da generazione in generazione) se la triangolazione familiare non viene interrotta. L’esperienza del bambino non dovrebbe riguardare solo i “due contro uno” o “i due meno uno”, ma anche i “due per uno” in cui lui è il focus dell’attenzione dei genitori, il “due più uno” e soprattutto il “tre insieme” per una buona crescita personale.
Un percorso terapeutico può essere utile per ripercorrere la propria storia personale, elaborare eventi della propria vita per riuscire a differenziarsi dalla propria famiglia d’origine mantenendo il proprio senso di appartenenza.