La paura di essere lasciati, come dice la canzone “Ne me quitte pas” (Non lasciarmi) risuona in ogni cultura e rappresenta una delle paure più profonde e radicate nell’uomo: la perdita dell’oggetto d’amore.
L’uomo ha il bisogno di ricercare e costruire relazioni emotive significative fin dai primi giorni di vita, all’inizio sotto forma di riflessi innati come l’orientamento, il pianto, il sorriso e via dicendo, che poi con lo sviluppo evolutivo diventeranno schemi di comportamento sempre più sofisticati, in base alle risposte dell’ambiente.
La paura dell’abbandono rappresenta una delle paure più grandi e può creare diversi disagi, che vanno a condizionare la vita affettiva e relazionale.
Sono persone che vivono con la costante convinzione che la persona cara le possa lasciare in qualsiasi momento, ossessionate da questa convinzione a tal punto da sentirsi sole e indifese senza nessuno che si prenderà cura di loro. La convinzione di passare la propria vita in totale solitudine, si manifesta con degli slanci emotivi esasperati, che anziché avvicinare la persona amata, la allontano inevitabilmente.
Dietro alla paura dell’abbandono, oltre ad esserci il timore di rimanere soli e ritrovarsi a dover affrontare in solitudine tutte le prove che la vita riserva ogni giorno, c’è la paura di non esistere. Nel momento in cui si condivide e divide la vita con un’altra persona, questi ci confermano di essere importanti e amati e soprattutto ci danno conferma di esistere.
La perdita rappresenta un lutto e a volte viene vissuta come una grave minaccia alla propria esistenza, un’amputazione di una parte di sé a tal punto che per alcuni la fine di un amore provoca un forte senso di smarrimento e di vuoto, che equivale alla perdita non solo dell’amato ma alla perdita di se stessi.
In alcuni casi la paura della separazione e dell’abbandono è così forte e prepotente che si tende a bloccare le possibili relazioni sul nascere e a non volere nessuno accanto, per evitare di essere abbandonati. Persone in cui l’idea di essere abbandonate è talmente radicata, che preferiscono anticipare le emozioni per il timore di non saperle poi padroneggiare.
Come affermava Roland Barthes nel suo Frammenti di un discorso amoroso: “L’angoscia d’amore è la paura di una perdita che è già avvenuta, sin dall’inizio dell’amore, sin dal momento in cui sono stato stregato” una paura come fosse già avvenuta, impedendo di vivere il qui ed ora della relazione, ma proiettando la relazione in un passato abbandonico e in un futuro simile.
La paura dell’abbandono origina dalle esperienze infantili con la figura d’attaccamento che si è presa cura del bambino, rivestendo un ruolo significativo nella costruzione dell’identità individuale e nel modo di rapportarsi agli altri.
Un’infanzia caratterizzata da figure di attaccamento sicure e stabili permette di interiorizzare l’altro appunto come base sicura, come presenza interna stabile e positiva e permetterà loro, una volta divenuti adulti, di gestire le emozioni negative di una possibile separazione, con la fiducia di trovare nuovi rapporti gratificanti.
Invece nel caso si sia cresciuti in ambienti emotivamente instabili e insicuri, esperienze adulte di possibili separazioni o perdite possono rievocare antiche ferite, facendo riemergere angosce che non erano state metabolizzate, confermando le aspettative di inaffidabilità dell’altro e l’immagine di sé ritorna ad essere vulnerabile, ferita e rifiutata dagli altri.
Un percorso terapeutico per riprendere in mano la propria storia, ripercorrere il proprio passato, ritornare bambini per ricordare l’origine del proprio vissuto abbandonico, le perdite, i lutti, elaborare le proprie separazioni reali ed emotive per dare un nuovo significato e superare le paure presenti adesso.