La pseudologia fantastica, meglio conosciuta come mitomania, è la tendenza abituale a raccontare bugie, un’invenzione della realtà a cui spesso l’inventore medesimo crede, per destare ammirazione, compassione o comunque interesse negli altri.
A qualsiasi persona è capitato di mentire, a volte per non sentirsi esclusa, altre volte per attirare l’attenzione degli altri, ma per alcuni individui il mentire diventa parte integrante della propria vita e la bugia diviene patologica e compulsiva diventando un disturbo.
Un bisogno di raccontarsi e raccontare storie fantastiche per avere una vita interessante degna di essere raccontata e colorare il grigiore dei giorni con l’illusione di illudere.
Lo psichiatra francese Ernest Dupré fu il primo a coniare il termine mitomania agli inizi ‘900 descrivendo il bugiardo patologico come colui che utilizza bugie, spesso abbastanza credibili, per apparire più interessante agli occhi degli altri.
Persone che entrano in un circolo vizioso e si perdono nelle proprie storie inventate non riuscendo più ad affrontare la realtà: una sorta di dipendenza dalle menzogne che si retroalimenta.
Per Karl Jaspers la mitomania rientra tra le forme di isteria, mentre per altri autori può essere considerata come un meccanismo di difesa, che permettere di respingere e contemporaneamente di vivere in maniera gratificante un avvenimento ambivalente e distorto.
A differenza del bambino che confonde realtà e fantasia, la mitomania diventa patologica in adulti costretti a sostituire una realtà esterna o interna difficile da sopportare con una realtà fittizia.
Il mitomane vive con il bisogno di occultare la sua bassa autostima e insicurezza, creandosi un “mito”, una favola in cui lui è un individuo eccezionale, un mito che lo protegge permettendogli di evitare di esporsi al possibile crollo depressivo che può esserci dall’impatto con la vita reale.
Questa patologia la si trova in personalità istrioniche, essendo caratterizzate da una mancanza di autonomia e forte suggestionabilità, che tendono a seguire la propria immaginazione con i piedi poco ancorati alla realtà.
Anche le personalità narcisistiche vivono in un mondo ideale e un po’ fantastico, con fantasie di grandiosità, successo e potere con la convinzione di essere speciale e di poter essere compreso solo da persone altrettanto speciali.
A differenza del mitomane, il narcisista mantiene il contatto con la realtà e soprattutto usa le sue fantasie di grandezza con un fine utilitaristico a differenza del mitomane, che vive nelle sue storie, nelle sue fantasie con una grande ingenuità e semplicità a tal punto che il fine di sfruttare gli altri finisce sullo sfondo.
Il mitomane ha difficoltà talmente alte a vivere e convivere nella società, che perde il potere di determinare la realtà medesima vivendo nell’illusione e ingannando gli altri. Un grande inganno che fa vivere il mitomane con segreti sensi di colpa sia nei confronti di coloro che inganna, sia nei confronti di se stesso.
Una psicoterapia per ritornare ad avere un contatto con la realtà e con tutte le sue sfaccettature piacevoli e non, perché una vita fatta di bugie diventa una fuga maniacale da se stesso e una sfida con il mondo che porterà immancabilmente a farsi dei nemici e a fare del male a se stesso. Un percorso psicoterapeutico diventa importante per trovare un’immagine di sé positiva, una percezione di se stessi che permetta di sentirsi adeguati sia rispetto alla oggettiva realtà sociale esterna, sia per la propria soggettiva realtà risolvendo la dipendenza che si ha dell’opinione degli altri.