La metafora ha sempre esercitato un forte fascino e una suggestione particolare grazie a quella sorta di inafferrabilità che la caratterizza, esprimendo qualcosa che è al di là dell’immediata comprensione logica, come dice l’etimologia stessa della parola “metà-forein” – portare oltre.
La concezione tradizionale della metafora si basa sulla teoria della sostituzione, secondo cui il termine metaforico sta al posto del termine letterario appropriato, alludendone il significato.
Negli ultimi cinquant’anni si è sviluppato un nuovo pensiero, che ha preso spunto dall’idea metaforica del linguaggio, che considera il parlare essenzialmente un discorso figurato. La metafora permette appunto che, attraverso uno slittamento di significati, due campi semantici differenti vengano messi in comunicazione, ha una connessione tra diverse aree di significato diventando una intermediaria tra due tipi di pensiero: il pensiero semantico che è quello obiettivo, analitico, non contraddittorio e quello analogico che è, al contrario, il pensiero dell’immaginazione, del simbolismo.
La metafora ha una capacità di creare collegamenti, ha una pregnanza e una profondità di significati, che la fanno essere uno degli strumenti privilegiati nel processo di costruzione di nuovi significati in psicoterapia.
In psicoterapia la metafora diviene una pratica discorsiva in grado di aprire connessioni con realtà alternative rispetto all’unica storia in cui la persona crede, pensando sia l’unica realtà, permettendogli di uscire dalla convinzione che esista un’unica realtà.
Rappresenta lo strumento comunicativo del pensiero mitico e simbolico. Secondo Carl Gustav Jung, attraverso il mito, l’individuo può ampliare i significati della sua esperienza attraverso la comprensione che la propria storia può avere un significato più profondo di quello non metaforico ancorato alla propria vita quotidiana.
In un’ottica terapeutica è importante che sia una “metafora viva” (Ricoeur, 1975), che sia attinente con la natura del problema presentato, con la storia e con la situazione psicologica della persona, in maniera che questi possa riconoscersi e scoprire altri modi di vedere la realtà.
Inoltre, è la storia stessa, nel racconto metaforico, a divenire protagonista: il linguaggio del racconto, del mito, della fiaba si carica di risvolti particolari permettendo di andare oltre il parlare ordinario. Tali forme espressive agiscono principalmente a livello analogico, viene attivata la sfera intuitiva ed emotiva della personalità, circuendo le razionalizzazioni difensive della persona. (Watzlawick, 1971)
Grazie alla metafora, la relazione terapeutica diviene un luogo d’incontro, dove il terapeuta perde la sua posizione gerarchica di controllo e si incontra con il paziente, allo scopo di scambiare comincazioni per ottenere dei cambiamenti e diventa una “sfera di realtà” distinta da quella quotidiana, dove vi è la possibilità di co-costruire insieme una possibile nuova realtà.
Tahar Ben Jelloun nel Fanciullo di sabbia scrisse: “Questa storia ha qualcosa della notte, è oscura, e tuttavia ricca d’immagini; dovrebbe sbocciare su una luce”.