La distimia o disturbo distimico fa parte dei disturbi del tono dell’umore essendo una forma di disagio depressivo minore, una forma lieve ma tendente alla cronicità di depressione con la conseguente compromissione delle relazioni sociali e talvolta dell’attività lavorativa.
La parola distimia deriva dal greco e significa “cattivo umore”, è stata usata per la prima volta negli anni 80 e poi sostituita nel DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) con Disturbo Distimico, che è un disturbo tendenzialmente cronico caratterizzato dalla presenza di tono dell’umore depresso persistente nella maggior parte del giorno da almeno due anni.
Sono disturbi lievi a tal punto che la persona che ne soffre può non esserne consapevole, considerando i disagi e le difficoltà che incontra come parte integrante del suo carattere.
Generalmente la persona che soffre del disturbo distimico riesce a portare a termine le sue attività lavorative e ad avere rapporti sociali, ma in modo nettamente minore e con uno sforzo notevole anche nelle cose più banali.
Presentano un atteggiamento taciturno, cupo e triste e danno l’idea di essere persone eccessivamente critiche, costantemente lamentose e incapaci di divertirsi.
Un modalità comportamentale, che all’interno delle relazioni può provocare rabbia negli altri alimentando il pensiero che siano persone pessimiste e che assumano volontariamente tale atteggiamento per qualche non specificato motivo che non vogliono far sapere, una svalutazione da parte degli altri di cui il distimico è consapevole e che rafforza in lui la bassa autostima, la percezione negativa di sé, l’insicurezza aumentando la tristezza e l’introversione.
Dal punto di vista sintomatologico si manifesta attraverso la mancanza di interesse delle attività quotidiane, bassa autostima, insonnia, difficoltà a prendere decisioni, scarsa energia e attraverso sentimenti e vissuti di disperazione.
La persona affetta da distimia considera il disturbo non curabile e invece lo è e può essere curato attraverso l’associazione di una terapia farmacologica con una psicoterapia per permettere un processo di guarigione duraturo.
La terapia farmacologica produce sicuramente dei miglioramenti, permette di star meglio in superficie, ma non aiuta a cambiare il sottofondo che ha prodotto il disturbo.
Il percorso psicoterapeutico diventa il perno per elaborare gli eventi della propria vita e ricontestualizzare le relazioni con i familiare e con gli altri significativi, per riuscire a comprendere l’origine e la natura del proprio disturbo e dargli un significato all’interno della propria storia personale per ritornare ad avere una vita gratificante sia per quanto riguarda l’aspetto lavorativo che quello relazionale.