Nel DSM IV il disturbo borderline si colloca tra quei disturbi caratterizzati da tratti di personalità rigidi e non adattivi, che generano una significativa compromissione delle relazioni personali, ma non sempre una sofferenza soggettiva.
La parola borderline ha sempre un uso più vasto: tra i professionisti della salute psichica e nel parlare comune della gente. Secondo Luigi Cancrini ciò è dovuto al fatto che lo spazio occupato dalle situazioni di sofferenza legate a un funzionamento borderline della mente è molto più ampio (oceano) di quelli occupati dalla nevrosi e dalle psicosi (i continenti che dall’oceano sono separati).
La manifestazione più semplice e più comune del funzionamento borderline è una mente che tende a dare giudizi estremi (o bianco o nero) su noi stessi e sulla realtà che ci circonda.
La persona che ha un funzionamento borderline tenderà a usare la scissione e giudicherà tutto buono o tutto cattivo, senza sfumature, incontrando grandi difficoltà a cogliere le gradazioni di positività o negatività in una stessa persona o in uno stesso oggetto.
Per esempio, per un bambino di un anno è naturale che una madre presente sia buona e meravigliosa e lo rende felice, mentre la madre assente sia una persona cattiva che gli provoca vissuti di odio e di rabbia. Questa fase il bambino la supera verso i tre anni, quando può riconoscere con chiarezza la madre che c’era e immaginare mentalmente quella che ci sarà di nuovo. Vi è l’integrazione dell’immagine della madre cattiva (assente) con quella buona (presente) preparando, secondo Mahler, il bambino agli aspetti maturativi della separazione che seguirà la sua reale nascita psicologica.
Quando la capacità di integrare le rappresentazioni buone e cattive non si sviluppano compiutamente, l’individuo fonda le sue emozioni, i suoi vissuti e i suoi comportamenti su rappresentazioni primitive di sé e dell’altro tipiche dei primi anni di vita.
Per l’individuo con un funzionamento borderline, l’oscillazione degli stati d’animo dal buono al cattivo sono molto rapidi, non prevedono e non consentono dei passaggi intermedi, non possono essere previsti nè controllati dall’individuo.
Una psicoterapia può essere utile affinché la persona possa capire i significati e i motivi dei suoi comportamenti, per rafforzare le sue capacità di tollerare le frustrazioni, la rabbia, la solitudine evitando di agire in maniera impulsiva.