Disturbo passivo-aggressivo

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Disturbo passivo-aggressivo

Disturbo Passivo Aggressivo

Il disturbo passivo aggressivo era inserito nel Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali (DSM) nella IV edizione all’interno dell’asse II dedicata ai disturbi di personalità, nella sezione dei disturbi NAS (non altamente specificati) come “Un quadro pervasivo di atteggiamenti negativisti e di resistenza passiva alle richieste di una prestazione adeguata, a partire dall’inizio dell’età adulta.”
Lo stile di personalità passivo aggressivo viene utilizzato quando non si vuole mostrare la propria rabbia.
I soggetti con questo disturbo di personalità appaiono incapaci o passivi, attuando condotte che mirano a evitare le responsabilità o a controllare gli altri.
Vi è la tendenza ad evitare le responsabilità “dimenticandosi” e tale stile di personalità viene utilizzato quando non si vuole mostrare la propria rabbia, una forte rabbia latente che viene scaricata in modo indiretto comportandosi in maniera gentile o addirittura accomodante, non si danno risposte risolute e a volte vengono omesse delle informazioni o si mente. La persona passiva aggressiva non è una bugiarda, ma una persona a cui è stato insegnato che esprimere la rabbia non va bene, è sbagliato e quindi bisogna sopprimere ogni possibile contrasto.
La rabbia, anche se è un’emozione naturale, è socialmente inaccettabile e spesso, fin dalla più giovane età, arrivano messaggi da parte dei genitori che la rabbia è negativa e che non deve essere espressa. Fin da bambini le figure di riferimento significative come i genitori e gli insegnati rimandano che bisogna essere “buoni” e nascondere o comunque mettere a tacere sentimenti di rabbia.
Il non potere esprimere liberamente la rabbia nelle relazioni, fa si che quell’emozione, che non può svanire, venga gestita adeguatamente e così il comportamento del passivo aggressivo diventa una sorta di non azione, accompagnato da emozioni negative con una ostilità non evidente: una modalità comportamentale non verbale per evitare il confronto diretto con l’altro. Quell’emozione di rabbia bloccata viene espressa con modalità alternative, socialmente accettabili, spesso attraverso comportamenti aggressivi passivi come ad esempio procrastinare, fare promesse e non mantenerle, inventare scuse, lamentarsi e assumere atteggiamenti da vittima ecc.
Attraverso la negazione della rabbia, il ritiro dalla comunicazione chiara e diretta, l’assunzione del ruolo di vittima, le personalità aggressive passive fanno si che gli altri abbiano la sensazione di essere su una giostra emotiva fino ad arrivare, attraverso il procrastinare e la intenzionale inefficacia, a far agire agli altri la loro rabbia repressa. Una capacità di controllare la risposta emotiva dell’altro, che rende la persona aggressiva passiva potente e sicura di sé.
Tutti comportamenti non dettati da cattiveria, ma da una forte insicurezza a esprimere i propri sentimenti e le proprie emozioni.
Una paura delle proprie emozioni, che li porta, anziché comunicare i propri vissuti ed entrare in una relazione più intima, a cercare vie alternative per mascherare la propria ostilità e ottenere benevolenza e non scatenare reazioni negative negli altri.
Modalità comportamentali che a lungo termine diventano distruttive per le relazioni interpersonali e nel corso del tempo le relazioni con una persona con un disturbo passivo aggressivo diventano confuse, distruttive e disfunzionali.
Un percorso terapeutico diventa essenziale per trasformare la rabbia passivo-aggressivo in una rabbia sana, per iniziare ad affrontare in modo chiaro e trasparente i problemi, i conflitti nelle relazioni con gli altri, con l’obiettivo di incominciare ad avere relazioni interpersonali sane per raggiungere il proprio benessere personale e quello delle persone che si hanno intorno.