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La relazione terapeutica

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La relazione terapeutica è una relazione umana all’interno della quale terapeuta e cliente lavorano insieme in un clima di reciproca fiducia, per raggiungere degli obiettivi condivisi.
Un lavoro svolto dalla coppia terapeuta-cliente, il cui focus è sul cliente a cui appartiene il risultato finale del processo e soprattutto appartiene a questi il criterio di riuscita del processo terapeutico, essendo solo lui, con la sua soggettività, che può considerare riuscito il lavoro, elaborato in coppia.
Quindi, riprendendo Bruno Bara, la psicoterapia è un lavoro che si fa in due i cui risultati appartengono a uno solo.
La relazione terapeutica diviene la componente fondamentale del processo terapeutico ed è ritenuta il perno centrale di ogni forma di psicoterapia, intorno alla quale ruotano tecniche differenti.
Una relazione assimetrica in cui, anche se si dà spazio ai vissuti e alle emozioni del terapeuta, è il cliente che deve avere un vantaggio personale dalla psicoterapia. Il cliente, avendo chiesto aiuto al terapeuta, risulta essere la parte debole della coppia e accetta di entrare in dinamiche, in un gioco appunto terapeutico, di cui non conosce le regole dettate dall’altro membro della coppia a cui si attribuisce il ruolo di esperto.
Il terapeuta, quindi, deve essere vissuto come una persona onesta ed empatica, con specifiche competenze tecniche, con cui è possibile intraprendere un’autentica collaborazione per superare una fase critica della propria vita.
La relazione terapeutica è caratterizzata da una fase iniziale centrata sulla costruzione di un rapporto significativo e sulla creazione di un’alleanza terapeuta basata su una fiducia reciproca; lo spazio terapeutico un contesto sicuro dove il cliente percepisce di poter esprimere anche i contenuti più delicati, più intimi, della propria sofferenza, in quanto più sente di essere accolto e compreso maggiore è la possibilità di un’evoluzione positiva del percorso terapeutico.
Importante è non dimenticare che la terapia è un contesto protetto nel quale vengono sospesi i giudizi morali, le considerazioni sul valore personale, le valutazioni sul quanto sia socialmente accettabile un determinato comportamento.
Al centro del lavoro terapeutico c’è il cliente con la sua sofferenza, le sue problematiche e durante il colloquio non vi è alcuna censura sulla modalità verbale e non verbale con cui la persona vuole esprimere il proprio dolore.
Proseguendo nella terapia, l’attenzione si sposta sugli aspetti tecnici, sul metodo del terapeuta, per ricontestualizzare, dare un nuovo significato ed elaborare la sofferenza portata in terapia, dare competenze e fornire strumenti, che aiutino il cliente a gestire gli aspetti problematici della sua vita.
Nella fase finale del percorso, il terapeuta guida il cliente verso l’autonomia e l’indipendenza, diminuendo in modo graduale il legame terapeutico.
Il terapeuta da canto suo in cambio della sua competenza richiede un compenso economico e non vuole affetto, amore, né dipendenza, né gratitudine se non nella misura di quanto siano importanti nel processo di cura. La maggiore soddisfazione per un clinico è il buon esito della psicoterapia attraverso il buon maneggiamento delle emozioni dei suoi clienti, che permette di raggiungere l’obiettivo della terapia: un maggiore equilibrio.